Vivo la mia vita di tutti i giorni, lavoro, mangio, esco con gli amici, ho una relazione, ho una famiglia... e soffro.
Non capisco cos'è questa sofferenza, questo malessere che mi consuma da dentro.
Non capisco... non mi capisco, ma soffro!"
La sofferenza psicologica, cos'è, a cosa serve?

Beh, vi assicuro che se questa Ferrari si trovasse a percorrere una strada paludosa e piena di buchi si sentirebbe un inutile ammasso di ferraglia e kevlar!
Ed una motoslitta che si muove veloce e agile sulla strada innevata, come si sentirebbe su una splendida pista liscia, ben asfaltata, larga e senza un filo di neve?
Un inutile ammasso di ferraglia, ovvio!
La sofferenza sopraggiunge quando per
troppo tempo percorriamo una strada che non è la nostra.
Forse in precedenza abbiamo incontrato un bivio di fronte al quale abbiamo
fatto una scelta, più o meno consapevole, più o meno forzata, ed ora ci
troviamo sulla strada sbagliata.
E più siamo lontani dalla nostra VERA
strada e più soffriamo.
Questo è il senso della sofferenza.

Aumentando il nostro livello di consapevolezza, inutile dannarsi se non siamo una Ferrari, il nostro splendido essere una meravigliosa e unica bicicletta ci riporterà sulla nostra pista ciclabile, consapevoli e felici!
Dal momento che ci si scopre a soffrire ecco che ci si deve rendere conto che non si è consapevoli, perché se lo fossimo stati non avremmo intrapreso la strada sbagliata.
Da qui perciò la necessità di domandarci chi siamo realmente, dopo esserci chiesti chi crediamo di essere.
La risposta non sarà né immediata, né facile, né sempre accettabile.
Attraverso l’introspezione ma anche attraverso l’aiuto di chi ci sta accanto e ci conosce, cominciamo a scoprirci, evitando di continuare a “mentirci addosso”.
Se abbiamo solo due ruote non possiamo essere una Ferrari, forse saremo una motocicletta o uno scooter o una bicicletta, dobbiamo cominciare ad accettarlo.
Se poi la nostra scoperta non ci piace, non dobbiamo rifiutarla ma eventualmente adoperarci per cambiare verso ciò che vorremmo essere.